Nella regione del Darfur, in Sudan, la violenza è tornata a livelli elevatissimi, e, secondo fonti di non facile verifica il numero dei morti potrebbe essere stato superiore a cento persone nel corso delle ultime due settimane.

Non meno complesse le dinamiche di politica interna, dove l’Unione Africana ha annunciato il 21 giugno l’intenzione di voler sospendere la propria partecipazione nei colloqui promossi dall’ONU, in conseguenza della mancanza di trasparenza nel processo di facilitazione del dialogo politico e per l’esclusione da parte delle autorità militari di alcuni attori importanti (https://www.agenzianova.com/news/sudan-lunione-africana-sospende-la-partecipazione-ai-colloqui-mediati-dallonu/).

Il rappresentante dell’Unione Africana in Sudan, Mohamed Belaish, ha comunicato le intenzioni dell’organismo internazionale nel corso di una conferenza stampa, mentre il quotidiano online Sudan Tribune ha sostenuto che la ragione della decisione fosse riconducibile in particolar modo all’esclusione dai colloqui tra le Forze per la Libertà e il Cambiamento e le autorità militari della stessa Unione Africana (https://sudantribune.com/article260511/).

Grazie all’iniziativa degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita, invece, dopo un primo boicottaggio del dialogo da parte delle opposizioni, le forze Forze per la Libertà e il Cambiamento hanno accettato di avviare colloqui informali con il Consiglio Sovrano di Transizione, sebbene solo esplorativi in merito alle possibilità di soluzione della crisi.

Il 26 giugno, infine, il governo del Sudan ha accusato le forze militari etiopiche di aver giustiziato sette soldati sudanesi e un civile che si trovavano sotto la custodia dell’ENDF. L’episodio sembrerebbe potersi ricondurre alle tensioni in atto nella regione contesa dell’al-Fashaga (https://english.alarabiya.net/News/world/2022/06/27/Sudan-vows-to-respond-as-it-accuses-Ethiopia-of-executing-seven-soldiers-a-civilian-).

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