Martedì 14 giugno Abiy Ahmed ha annunciato al Parlamento dell’Etiopia che i dialoghi di pace con il TPLF inizieranno nello spazio di 10-15 giorni. Il luogo di svolgimento pare sarà Nairobi in Kenya, mentre il comitato del governo federale sarà presieduto dal Vice Primo Ministro Demeke Makonnen. Ancora non vi sono notizie su chi sarà il delegato del TPLF tuttavia, già il 13 giugno un comunicato ufficiale del partito tigrino ha affermato che a Nairobi saranno numerosi gli attori internazionali coinvolti: gli Stati Uniti, l’Unione Europea, gli Emirati Arabi Uniti, le Nazioni Unite e l’Unione Africana, oltre ovviamente al governo del presidente keniota Uhuru Kenyatta.
Né il TPLF né il governo federale hanno imposto alcuna precondizione allo svolgimento dei dialoghi di pace. Tuttavia questa mossa da parte dei due attori rende chiaro come le notizie di trattative segrete sin da prima della ‘tregua umanitaria indefinita’ sancita da Abiy il 24 marzo, così come il rilascio di numerosi prigionieri di guerra e il via libera ai convogli per l’invio di aiuti umanitari in Tigrai, erano decisioni prese dalle due parti di modo da allentare da tensione e tentare di ricostruire un rapporto.
Sin dall’inizio del conflitto nel novembre 2020 questo è il momento in cui le aspettative di una soluzione pacifica fra governo federale e TPLF sono più alte, tuttavia l’entusiasmo che questa situazione potrebbe generare va visto all’interno del più grande contesto in cui si è svolto, e si svolge, il conflitto.
Innanzitutto questa settimana sono emersi nuovi scontri, nell’Oromia dell’Ovest e nella capitale del Gambella, fra l’OLF-OLA in collaborazione con il Fronte di Liberazione del Gambella (GLF) e le forze federali. Un comunicato rilasciato dall’OLF-OLA afferma che gli obiettivi del raid a Gambella City – neutralizzare non meglio precisate installazioni governative, liberare prigionieri politici e cittadini dai “gulag” del regime – sono stati raggiunti mentre in Oromia dell’Ovest gli scontri sono ancora in corso. L’alleanza stretta tra TPLF ed OLF-OLA, annunciata ufficialmente lo scorso agosto, è ancora in piedi o è già sfumata? Nel comunicato ufficiale del governo tigrino non vi sono riferimenti all’OLF e gli scontri di questa settimana sono posteriori all’annuncio dei dialoghi di pace: un’altra volta, come già dopo il 1991, l’alleanza fra TPLF ed OLF è talmente strumentale da essere abbandonata appena si raggiunge un obiettivo?
Nel documento rilasciato dal TPLF, inoltre, non si menziona nemmeno il governo eritreo. Isaias Afewerki ha tuttavia avuto un ruolo molto importante nel conflitto e le notizie di un suo allontanamento dalle posizioni di Abiy – così come delle provocazioni delle forze eritree verso i tigrini sul finire di maggio – potrebbero a questo punto essere veritiere. Tuttavia Abiy, inimicandosi Afewerki, così come si è inimicato l’élite amhara nelle ultime settimane ha quindi tradito definitivamente il patto tripartito che aveva stretto all’inizio del conflitto?
Se dunque sia da una parte che dall’altra sembra che le alleanze stiano sgretolandosi in favore di un riavvicinamento fra TPLF ed Abiy, quali saranno le offerte che verranno proposte al tavolo di pace? Ad esempio se Abiy offrisse l’Ovest del Tigrai, al momento ancora occupato dalle forze amhara, si potrebbe assistere ad un rivolgimento di fronte con gli amhara e Afewerki contro Abiy? E il TPLF dove si posizionerebbe? Allo stesso tempo una pace definitiva significherebbe lasciare l’OLF alla mercé del governo federale mentre il TPLF ne osserva la sconfitta?
Gli scenari possibili sono molti e per quanto le notizie siano positive non è detto che la soluzione del conflitto che si potrebbe trovare al tavolo di pace fra TPLF e Abiy sia la soluzione alla guerra civile che si sta combattendo, forse la potrebbe aggravare o forse potrebbe guarire quella che sembrava una frattura insanabile all’interno della società etiopica.