Aspri scontri a fuoco in Somalia – con ricorso anche a tiri di mortaio – sono avvenuti (19 luglio) presso accampamenti militari etiopi posti ad Aato e Yeed (Bakool) e nel vicino centro di Washaqo, nel sud-ovest lungo il confine con l’Etiopia. Il movimento Al Shabaab ha rivendicato l’uccisione di 87 agenti della polizia etiope “Liyu”; altre fonti riferiscono di un totale di oltre 180 vittime. Per la prima volta dal 2014 la violenza terrorista lambisce il confine con l’Etiopia, altro focus dell’insorgenza oltre il Kenya. I militanti non hanno esitato a inseguire l’avversario anche oltre il poroso confine.

Le forze etiopi “Liyu” prese di mira sono state a più riprese criticate per le loro azioni “di controterrorismo” su territorio somalo, compiute soprattutto nel 2017-2018 dopo che a dicembre 2016 dispute tra clan somali e oromo in territorio etiope erano costati la vita ad alcune centinaia di persone. Le violenze si sono ripetute a ondate, con responsabilità da ambo le parti. I militanti potrebbero aver profittato di una minore solidità nella presenza etiope in questa fase.

Il Primo Ministro Barre ad ogni modo reitera (20 luglio) l’impegno a contrastare la minaccia. Un incontro tra Vertici dei servizi di informazione e sicurezza somali e kenioti è avvenuto in pari data. Nello stesso senso giunge anche la notizia che AFRICOM (Comando militare USA per l’Africa) aveva compiuto (il 17 luglio) un raid e ucciso due militanti a Libikus presso Chisimaio (Oltregiuba), dopo che Forze somale erano state da questi attaccate. Raid aerei nelle regioni di confine sono condotti anche da Forze del Kenya; le numerose vittime collaterali di questi eventi possono ridurre il sostegno popolare agli sforzi di contrasto. Una migliore collaborazione gioverebbe dunque alla riduzione della minaccia areale.

Sul piano politico interno rilevano le critiche al Somaliland dove si sono interrotti (19 luglio) i canali di dialogo tra Governo locale presieduto da Bihi e i leader di opposizione Hirsi (partito Waddani) e Warabe (Ucid). Le posizioni continuano a irrigidirsi e si osserva una cattiva stampa dedicata alla sua dirigenza, anche da fonti anglosassoni sinora più benevole con la causa secessionista. Rileva a tale proposito il divieto alla BBC a operare nella regione e le condanne espresse da un membro della Commissione Esteri del Senato statunitense. La situazione resta all’osservazione per anticipare un possibile rovesciamento dei ruoli nelle elezioni locali ormai prossime – ma che Bihi potrebbe voler rimandare.

Sul piano internazionale, il Presidente Mohamud si è recato in Tanzania per prendere parte al vertice EAC (Comunità dell’Africa Orientale) – che comprende Burundi, Congo RDC, Kenya, Ruanda, Sudan del Sud, Tanzania e Uganda e cui la Somalia ha chiesto di aderire sin dal 2012 per beneficiare del mercato singolo e delle facilitazioni ai movimenti di persone; la richiesta era stata reiterata nel 2016, ma è in stallo.

Il Premier Barre ha invece incontrato l’Ambasciatore italiano Vecchi, per discussioni sulle relazioni bilaterali e il supporto alle Istituzioni e alle Forze di sicurezza somale. Il Presidente della Camera Madobe è dal canto suo rientrato dal suo viaggio in Arabia Saudita, durato una settimana e che oltre il pellegrinaggio dell’Hajj aveva incluso incontri istituzionali; nella folta delegazione era presente l’ex Premier Roble.

Una buona notizia è a Mogadiscio l’assenza di vittime nell’incidente a un aereo della Jubba caduto in fase di atterraggio e rovesciatosi. Tutte le 36 persone a bordo sono rimaste illese. I servizi di emergenza dello scalo, coadiuvati da peacekeeper dell’Unione Africana e da militari statunitensi hanno in breve avuto ragione dell’incendio che avvolgeva la carlinga e tratto in salvo passeggeri ed equipaggio.

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