Il TPLF, tramite il suo portavoce Getachew Reda, il 22 luglio ha annunciato di aver formato la squadra che prenderà parte al negoziato con i rappresentanti del governo federale dell’Etiopia. In un’intervista di quaranta minuti, fra i tanti temi toccati, il portavoce del TPLF ha annunciato la notizia, che segue quella della nomina del team negoziale da parte della FDRE, il 27 giugno scorso. Non è invece ancora stata indicata una data per l’avvio dei lavori, così come il luogo dove si svolgeranno.

Come già evidenziato la settimana scorsa su queste pagine ancora non vi è l’accordo su quale istituzione debba fare da mediatrice, né sulla figura istituzionale che presiederà al dialogo. Il governo federale spinge in direzione di Olusegun Obasanjo, l’inviato speciale dell’Unione Africana, mentre il TPLF preferirebbe il presidente keniota, Uhuru Kenyatta. Probabilmente adesso, dopo aver nominato entrambe le squadre che parteciperanno al processo negoziale, le due parti dovranno scendere al primo compromesso: questo sarebbe il primo vero passo ufficiale dopo gli accordi ufficiosi presi sinora segretamente e informalmente.

I punti che verranno affrontati nel corso della negoziazione – nella speranza di un suo effettivo imminente avvio – riguardano in primo luogo la definizione di una tregua, che dovrebbe diventare permanente. A questo seguirà sicuramente la questione delle telecomunicazioni, dei servizi bancari e l’apertura dei confini tigrini. Poi verranno le questioni più spinose, quali il futuro della posizione del TPLF all’interno dell’Etiopia del Partito della Prosperità, e, più in generale, la soluzione politica al conflitto.

Il TPLF non potrà più godere della posizione di primus inter pares come durante l’era dell’EPRDF, questo è ben chiaro ai vertici del potere tigrino, mentre si è molto parlato in questi tempi di una secessione del Tigrai dall’Etiopia, sebbene senza potersi definire con chiarezza all’interno di quali confini. Il Tigrai dell’Ovest è infatti controllato dall’esercito Amhara e i vecchi alleati di Abiy nel conflitto non appaiono in alcun modo disposti a cederne il controllo. La secessione tigrina potrebbe portare ad un effetto domino, esacerbando i conflitti etnici che si sono riaccesi nella periferia etiopica, portando ad una disintegrazione dell’unità statale, e quindi un compromesso sulla questione del Tigrai dell’Ovest potrebbe giocare il ruolo fondamentale nel processo di mediazione. Non è chiaro, tuttavia, quale vantaggio ne deriverebbe per gli Amhara, lasciando la questione del tutto sospesa.

Particolarmente sensibile in termini negoziali si presenta la questione del futuro ruolo del TPLF in qualsiasi ipotesi di continuità dello stato federale guidato dall’attuale dirigenza del Partito della Prosperità, così come la questione eritrea. Numerosi commentatori regionali sostengono che il presidente eritreo Isaias Afwerki sia ancora incline alla soluzione militare, più che al negoziato politico, come hanno dimostrato gli scontri al confine delle scorse settimane, e in molti si domandano quale ruolo intenderà sostenere l’Eritrea a margine dei colloqui di pace etiopici. L’alleanza tra Isaias Afwerki ed Abiy Ahmed è stata visibilmente dettata dalla volontà di Asmara di risolvere in modo definitivo il proprio contrasto con il TPLF, ma se al contrario il governo etiopico dovesse ora cercare la via dell’accordo con il Tigrai, in molti temono che il conflitto possa riaccendersi o determinare una nuova fase di tensioni regionali.

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