Gli ambasciatori del Quad Sudan – Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Stati Uniti e Gran Bretagna – non sono riusciti lo scorso 3 agosto ad organizzare la programmata riunione tra i principali attori politici del paese, tra i quali le Forze per la Libertà e il Cambiamento (FFC), i firmatari degli accordi di Juba e le forze armate.

L’incontro sarebbe stato annullato in conseguenza del rifiuto da parte del FCC di partecipare, alla luce dell’annunciata adesione all’incontro stesso da parte di formazioni politiche non originariamente incluse nel format di discussione (https://sudantribune.com/article263602/).

La notizia è giunta a pochi giorni dall’annuncio, il 29 agosto, dell’intenzione da parte di alcune formazioni politiche distaccatesi dalle FFC di dar vita ad una nuova formazione il cui obiettivo è quello di garantire alle forze armate ampi poteri nell’ambito del governo di transizione. Tra gli aderenti all’annunciato progetto sono presenti i rappresentanti del Partito Unionista Democratico (UDP), il Partito Ba’ath Sudanese (SBP), la fazione guidata da Hyder al-Safi del Partito Repubblicano, il Partito Unionista (UP), le Forze per il Consenso Nazionale (NCF), il Partito Nazionale della Umma (NUP) guidato da Mubarak al-Fadil e i rappresentanti dell’Iniziativa del Popolo Sudanese (SPI) (https://sudantribune.com/article263463/).

Il generale al-Burhan, nonostante l’annuncio dello scorso 4 luglio di voler ritirare la componente militare dalla formazione del governo di transizione, appare intenzionato ad assicurare un ruolo centrale alle forze armate, sebbene abbia più volte assicurato agli ambasciatori del Quad Sudan la sua piena disponibilità per la transizione verso un governo a guida civile. Le forze del FFC, al contrario, hanno definito una proposta di transizione congiuntamente con l’associazione degli avvocati sudanesi, e informato della stessa i rappresentanti del meccanismo trilaterale di mediazione composto dall’Unione Africana, l’IGAD e l’UNITAMS.

L’FFC il 28 agosto ha rifiutato di far confluire le proprie proposte all’interno di un documento unitario insieme alle forze politiche nazionali, sostenendo che tale documento risulterebbe improduttivo e incapace di fornire le necessarie radicali soluzioni per la crisi politica del paese (https://sudantribune.com/article263374/). Il programma delle Forze per la Libertà e il Cambiamento, ha sostenuto Alwathiq Albreir, esponente di punta del movimento e vertice della formazione NUP – resta ancorato alla necessità di una totale transizione del potere nelle mani di un governo a guida civile e senza la partecipazione delle forze armate alla gestione della vita politica del paese.

Il Fronte Rivoluzionario Sudanese (SRF) ha replicato alle posizioni del FCC sostenendo la necessità di avviare un dialogo intra-sudanese sostenuto dal meccanismo trilaterale, considerato come l’unica soluzione per uscire dall’impasse in cui si trovano le diverse componenti del sistema politico nazionale. Il SRF considera la possibilità di una partecipazione delle forze armate al processo di transizione come necessaria, sebbene restando vincolato all’impegno di non accettare un ruolo delle forze armate nella futura struttura di governo che dovrà emergere dal processo elettorale (https://sudantribune.com/article263428/).

Si è invece insediato a Khartoum il 1° settembre il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti in Sudan, John Godfrey, dopo oltre 25 anni di assenza di un rappresentante ufficiale di Washington nel paese (https://www.africanews.com/2022/09/01/new-us-ambassador-arrives-in-sudan-after-25-years-of-absence/).

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