Il 28 settembre la Corporazione degli Studenti Sudanesi (SSC), un’associazione religiosa di stampo conservatore che ha goduto di una forte influenza sotto il passato regime di Omar al-Bashir, ha annunciato con un comunicato la ripresa delle proprie attività, riferendo altresì della decisione delle autorità militari di revocare l’ordine precedentemente stabilito di provvedere al proprio assorbimento all’interno di un organo religioso dello stato (https://sudantribune.com/article264727/).

La notizia assume una certa importanza sotto il profilo degli equilibri politici interni, perché nel settembre del 2019 le era stato imposto dal Consiglio Sovrano di Transizione di sospendere le attività e provvedere alla propria integrazione all’interno del Consiglio della Giurisprudenza Islamica, un organo del ministero degli affari religiosi, in conseguenza delle proprie posizioni radicali e dell’aperto sostegno al vertice del deposto regime.

La decisione del Consiglio Sovrano di Transizione di annullare il precedente ordine di fusione della SSC all’interno di un’organi del ministero per gli affari religiosi sarebbe secondo alcune fonti di stampa sudanesi da individuarsi nel crescente dualismo tra il generale al-Burhan, presidente del CST, e il suo vice, generale Dagalo. Quest’ultimo, infatti, aveva cercato di esercitare la propria influenza sulle organizzazioni islamiste sudanesi coinvolte con il precedente regime, allo scopo di espandere la propria capacità politica, destando tuttavia la preoccupazione del generale al-Burhan, che, di contro, avrebbe deciso di favorire la ripresa delle attività del SSC allo scopo di conquistarne il sostegno a danno di Dagalo (https://sudantribune.com/article264684/).

L’importanza delle organizzazioni religiose è data soprattutto dalla loro capillare rete di associazioni attive nell’ambito dei servizi sociali, rappresentando un importante veicolo di influenza in seno alla società sudanese.

Nuove imponenti manifestazioni sono state invece organizzate il 29 settembre in numerose città del Sudan, e in particolar modo nella capitale Khartoum, a Wadi Madani, Nyala, Dongola e Atbara, dove migliaia di manifestanti hanno marciato scandendo slogan contro il governo e i militari.

Le manifestazioni rappresentano un evidente segnale di come il processo di gestione della transizione politica sudanese sia nuovamente entrato in una fase critica, caratterizzata dall’incapacità dei militari di fornire rassicurazioni nel merito del proprio futuro ruolo e dell’effettiva disponibilità a favorire l’avvio di una fase di transizione guidata da un governo civile scelto dalle principali organizzazioni della protesta (https://allafrica.com/stories/202210010034.html).

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here