Con un comunicato diramato dal Ministero dell’Informazione lo scorso 15 ottobre, l’ambasciata dell’Eritrea negli Stati Uniti ha ribadito la propria opposizione alle accuse mosse dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea nei confronti del ruolo del paese nell’ambito del conflitto in corso in Tigrai.

In particolar modo, il comunicato critica anche il documento comune diramato lo scorso 12 ottobre congiuntamente da Stati Uniti, Australia, Germania, Danimarca, Olanda, Canada e Gran Bretagna, con il quale viene chiesta l’immediata cessazione delle ostilità e dove è stato fortemente criticato il ruolo dell’Eritrea nel conflitto (https://shabait.com/2022/10/15/press-release-blaming-the-victim-and-saving-the-perpetrator-under-the-mantle-of-human-rights/).

Il comunicato eritreo accusa gli Stati Uniti e gli europei di aver volutamente e sistematicamente cercato di ridimensionare le responsabilità del TPLF nel conflitto, addebitando al governo regionale del Tigrai la piena ed integrale responsabilità del conflitto.

Il comunicato – così come quelli precedenti – non fa menzione alcuna del ruolo eritreo nel conflitto, rigettando le accuse mosse dalla comunità internazionale e richiamando ad un sistematico tentativo di manipolare la narrativa della crisi.

Secondo un articolo pubblicato dalla BBC, invece, sarebbe stato intensificato in Eritrea il reclutamento obbligatorio per sopperire alle necessità del conflitto, interessato in questa fase da una poderosa offensiva nel nord del Tigrai (https://www.bbc.com/news/world-africa-63208353).

Le notizie riportate dall’articolo risultano di difficile verifica, e sono con ogni probabilità anche fortemente influenzate dal giudizio di alcuni gruppi di opposizione della diaspora. Sebbene lo stesso ministro dell’informazione Yemane Meskel abbia ammesso un “modesto richiamo” di riservisti, non è chiaro allo stato attuale quale effettivamente sia la portata dello stesso.

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