Nuova ondata di violenze nella regione del Nilo Blu, in Sudan, dove almeno 13 persone hanno perso la vita e altre 24 sono rimaste ferite nell’ambito di scontri tra le locali comunità Birta e Hausa, tra il 13 e il 17 ottobre.

Gli scontri si sono verificati ancora una volta per questioni connesse a dispute territoriali, e si sono protratti per circa 4 giorni nell’area di Dam Town, dove le forze di sicurezza sono intervenute decretando restrizioni per i movimenti in tutta la regione (https://www.aljazeera.com/news/2022/10/17/deadly-intercommunal-clashes-in-southern-sudan).

La violenza è nuovamente esplosa poi il 19 ottobre nell’area di Wad al-Mahi, ancora una volta in conseguenza di dispute tra gli Hausa e altri gruppi locali per il controllo delle terre, provocando la morte – secondo le autorità locali – di almeno 150 persone (https://www.agenzianova.com/news/sudan-almeno-150-morti-negli-scontri-intercomunitari-nel-nilo-azzurro/).

Le Nazioni Unite hanno commentato gli episodi di violenza con preoccupazione, sostenendo come il raggiungimento di una pace durevole sia reso in questa fase difficoltoso in conseguenza di un governo pienamente funzionale e della mancanza di iniziative per agire alla radice dei problemi che dividono le comunità agricole e quelle pastorali (https://www.aa.com.tr/en/africa/at-least-150-people-killed-in-tribal-clashes-in-sudan/2716997).

Nella capitale Khartoum, invece, un’imponente manifestazione è stata organizzata dalle opposizioni politiche alla vigilia dell’anniversario del colpo di stato militare del 25 ottobre 2021 (https://www.africanews.com/2022/10/21/sudanese-rally-ahead-of-military-coups-one-year-anniversary/). Un manifestante è rimasto ucciso nel corso delle manifestazioni, facendo salire il numero delle vittime dallo scorso anno ad un tale di 118 (https://www.voanews.com/a/sudan-protester-shot-dead-as-coup-anniversary-looms/6802078.html).

L’iniziativa della manifestazione nella capitale – e in altre città minori del paese – è stata come sempre delle Forze per la Libertà e il Cambiamento (FFC), che, nonostante l’apparente accordo raggiunto con le autorità militari per la gestione del governo di transizione, ribadiscono la necessità di continuare a manifestare continuativamente sino al completo trasferimento dei poteri nelle mani di un governo civile.

Sebbene una parte delle FFC abbia accettato il compromesso di un’uscita dall’attuale crisi politica che includa un ruolo delle autorità militari a tutela della sicurezza, non in pochi temono che le aperture manifestate dal generale al-Burhan possano nascondere future insidie per la legittimità e la capacità del futuro governo civile (https://sudantribune.com/article265449/).

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here